Affidamento in prova al servizio sociale – Affidamento in prova “in casi particolari” – Aids – Alcooldipendenza – Amnistia – Arresti domiciliari – Articolo 4 bis Ordinamento penitenziario – Art. 21 – Lavoro all’esterno del carcere – Colloqui telefonici – Condizionale – Cssa (ora Uepe)
Affidamento in prova al servizio sociale
E’ la più ampia tra le misure alternative alla detenzione (vedi), ed è regolato dall’art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”. Viene concesso dal Tribunale di Sorveglianza e contempla la fuoriuscita dal (ovvero il non ingresso nel) circuito penitenziario: il condannato può così scontare la pena fuori dal carcere, nel rispetto di programmi e prescrizioni, “mettendo alla prova” il proprio reinserimento nella vita sociale con l’aiuto dell’apposito servizio sociale del Ministero della giustizia, chiamato Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe: vedi).
Possono essere affidati in prova al servizio sociale i condannati la cui pena detentiva (o residuo di essa) non superi i quattro anni, quando abbia serbato , quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della domanda, trascorsa in espiazione della pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al co. 2 dell’art 47 o.p. .
L’affidamento in prova può essere concesso se il comportamento del condannato e l’osservazione della sua personalità effettuata da operatori specializzati permettono di ritenere tale misura alternativa utile alla sua rieducazione e al suo reinserimento sociale. Occorre inoltre che l’affidato abbia un domicilio (l’abitazione propria o di famiglia o di persone o comunità disposte a ospitarlo) e possibilmente un lavoro.
La domanda di affidamento in prova va indirizzata al Magistrato di Sorveglianza che può, raccolte le necessarie informazioni, concederla oppure no in via provvisoria e trasmettere in ogni caso gli atti al Tribunale di Sorveglianza per la decisione definitiva, che sarà presa entro sassanta giorni.
L’affidato in prova potrà lavorare ma dovrà rispettare alcune prescrizioni riguardanti la dimora, la libertà di movimento (orari, tragitti), il divieto di frequentare certi tipi di persone e di locali. Sarà seguito e dovrà tenere regolari contatti con l’Uepe, che riferirà al Magistrato di Sorveglianza.
In caso di violazione delle prescrizioni, l’affidamento può essere revocato e il condannato completerà in carcere l’espiazione della pena.
E’ previsto l’affidamento in prova “in casi particolari” qualora il condannato sia persona dipendente da alcool o sostanze stupefacenti (vedi Tossicodipendenza).
Affidamento in prova “in casi particolari”
Vedi Affidamento in prova al servizio sociale e Tossicodipendenza.
Aids
Vedi Tossicodipendenza
Alcooldipendenza
VediAffidamento in prova al servizio sociale e Tossicodipendenza.
Amnistia
L’amnistia estingue il reato e fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie relative ai reati per i quali è stata concessa (art. 151 c.p. e 672 c.p.p.). Vedi anche grazia e indulto.
Arresti domiciliari
E’ una misura cautelare personale coercitiva (vedi). Viene applicata agli indagati o agli imputati al posto della custodia cautelare in carcere (detta anche carcerazione preventiva), nel periodo delle indagini e del procedimento giudiziario. La loro durata massima dipende dalla gravità del reato contestato e dalla fase del procedimento (artt. 284 e 303 c.p.p.).
Gli arresti domiciliari come misura cautelare non vanno confusi con la detenzione domiciliare (vedi), che è invece una misura alternativa alla detenzione (vedi) e può essere concessa dal momento in cui sono terminate la fasi del giudizio, cioè a condanna definitiva.
Se l’imputato agli arresti domiciliari cautelari viene dichiarato colpevole, con sentenza non più impugnabile, l’ordine di carcerazione può essere sospeso e il condannato può essere lasciato a scontare la pena agli arresti domiciliari, dove già si trova (art. 656 co 10, c.p.p.). Nel momento in cui la sentenza diviene definitiva, gli atti passano al Tribunale di Sorveglianza, che provvederà all’eventuale applicazione di una delle misure alternative alla detenzione, per esempio la detenzione domiciliare. Contestualmente l’interessato passa sotto la giurisdizione del Magistrato di Sorveglianza che amministrerà le prescrizioni a cui deve attenersi e approverà o meno le sue richieste.
Articolo 4 bis Ordinamento penitenziario
Si tratta dell’articolo della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario” che vieta di concedere benefici a condannati per delitti di particolare gravità.
L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e lemisure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma,601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni.
1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purche' siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva, altresi' nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita', operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonche' nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la
sentenza di condanna, dall'articolo 114 ovvero dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale.
1-ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purche' non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, all'articolo 291-ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all'articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, e successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma
2, del medesimo testo unico, all'articolo 416, primo e terzo comma, del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e all'articolo 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
1-quater. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell'articolo 80
della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall'articolo 609-bis del codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata.
1-quinquies. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, nonche' agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all'articolo 13-bis della presente legge.
Art. 21 – Lavoro all’esterno del carcere
L’ammissione al lavoro esterno (art. 21 legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”) è una delle forme di alleggerimento della condizione del detenuto. Di solito è preceduta dall’assegnazione a lavori interni al penitenziario e dalla concessione di permessi premio. Poi è spesso seguita – se il condannato rispetta le prescrizioni impostegli e quando maturano i termini di legge – dalla concessione di una misura alternativa.
Possono essere ammessi al lavoro esterno tutti i detenuti e gli internati. Alcune restrizioni sono previste per i condannati per reati gravi, per alcuni dei quali l’ammissione al lavoro esterno può essere disposta dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena.
L’art. 21 si applica anche nei casi in cui il detenuto o l’internato sia ammesso a frequentare corsi di formazione professionale all’esterno del carcere.
Colloqui telefonici
Sono regolati dall’art. 39 del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà”.
Il direttore del carcere può autorizzare i condannati a telefonare una volta alla settimana ai congiunti o conviventi (due volte al mese se è applicato l’art. 4 bis – vedi) o, in caso di necessità, a altre persone. La durata del colloquio telefonico, a spese del detenuto, non deve superare i dieci minuti.
L’autorizzazione è concessa dal Magistrato di Sorveglianza qualora il detenuto abbia presentato appello contro una sentenza di condanna (cioè quando la condanna non è definitiva) e può prevedere l’ascolto della telefonata o la sua registrazione, obbligatoria nel caso dei reati previsti dall’art 4 bis.
L’autorizzazione deve essere richiesta dal detenuto con istanza scritta, specificando generalità, grado di parentela e numero telefonico della persona con cui intende parlare. Le generalità e il grado di parentela devono essere documentate da apposita certificazione anagrafica; l’utenza telefonica, fissa e non mobile, deve essere comprovata allegando una bolletta-fattura della società che gestisce il servizio di telecomunicazioni. La decisione sulla richiesta deve essere motivata.
L’autorizzazione a comunicare per telefono con l’avvocato di fiducia è sempre concessa.
Condizionale
Vedi sospensione condizionale della pena e liberazione condizionale.
Cssa (ora Uepe)
Centro servizi sociali per adulti, ora Ufficio esecuzione penale esterna. Vedi la sezione dedicata all’Uepe in questo sito.